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Disegni come schizzi di progetto (Leonardo), pennellate pastose (Impressions), contaminazioni pop e optical (Nomade): le carte da parati che ha firmato per Wall&decò riflettono la sua “agilità” nel parlare linguaggi diversi e la molteplicità di approcci e di esperienze che la contraddistinguono. Vuole raccontarci brevemente le ispirazioni dietro ad ognuno dei decori?
Parlo linguaggi diversi perché sono insicuro. Dissimulo l’insicurezza con l’agilità.
Quando ho iniziato a lavorare con Wall&decò mi sono dato un obiettivo che rimane tuttora lo stesso: traghettare sulla carta ispirazioni, tecniche, lavorazioni o esperimenti mutuati dalla sfera artistica. Per questo lavoro quasi esclusivamente con modalità e tecniche manuali: certo in alcuni casi subentra poi il filtro del computer, in altri c’è una fase di documentazione fotografica della superficie.
Guardando Nomade ho pensato a Fernand Léger e, quasi nello stesso istante, a “Yellow Submarine”. Potrei essermi sbagliato, ma volevo chiederle come naviga, con la sua poetica, con la sua creatività, in questo mare magnum che ci circonda quotidianamente, in cui su una sponda sta l’Arte “maiuscola” e sull’altra il prodotto Pop. O forse lei va da una sponda all’altra senza bagnarsi i piedi…
Penso di aver ormai portato tutto sulla stessa sponda! Ho smesso di chiedermi cosa gli altri possano pensare del mio modus operandi parecchio tempo fa, non era produttivo. Se quello che faccio mi fa sentire bene, è “maiuscolo”. Faccio quello che faccio solo se penso di poter essere generoso.
Una stanza rivestita con una sua carta da parati. All’interno, un personaggio della Storia o della Fiction (dalla letteratura al cinema). Chi è?
Gregor Samsa (il protagonista del racconto “La Metamorfosi” di Franz Kafka - ndr), già mutato, riverso sul pavimento a faccia in su. La carta da parati la metterei sul soffitto. Le pareti le lascerei bianche.
Photo credits: Vanni Borghi
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