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Federico Peri

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Federico Peri

Interior Designer

Federico Peri nasce nel 1983 a Montebelluna in provincia di Treviso.
Terminati gli studi universitari a Milano presso la Facoltà di interior design dell’Istituto Europeo di Design, si trasferisce a Parigi grazie ad una borsa di studio di residenza per artisti.
In questo periodo, ricco di contaminazioni internazionali e stimoli progettuali, inizia il proprio percorso professionale appassionandosi ai grandi maestri e definendo il proprio interesse come sinergia tra storico e contemporaneo.
Rientra a Milano per lavorare presso Vudafieri Saverino Partners fino al 2011, quando avvia il proprio studio occupandosi prevalentemente di progettazione d'interni e arredo.
Collabora con aziende, marchi di moda, professionisti e privati concependo progetti che siano strettamente connessi alle singole identità.
Nilufar, galleria internazionale con sede a Milano, rappresenta i suoi prodotti in edizione limitata, tra cui la collezione di lampade "Shapes" nominata nel 2016 per il German Design Awards.
Tra i candidati come "miglior designer esordiente" al Salone del mobile Milano awards 2017 con il prodotto "Galerie" disegnato per FontanaArte, viene anche nominato per il "rising talent awards" all'edizione di Maison&Objet 2018.


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“'Da bambino sognavo di diventare Michael Jordan.'”

Mi racconti il tuo sogno da bambino?
Da bambino sognavo di diventare Michael Jordan. Sono sempre stato appassionato di pallacanestro e, in quegli anni, Jordan era un eroe per tutti quelli che seguivano quello sport. Avevo i suoi poster in camera e volevo diventare come lui. Leggendo la sua storia, mi riconosco nel suo approccio e nella dedizione al lavoro. Quindi, un idolo sportivo da piccolo e fonte di ispirazione dal punto di vista caratteriale da grande.

Milano e, poi, Parigi, quali le ispirazioni? Come è cambiato il tuo modo di “fare” design?
Quella a Parigi è stata una esperienza breve ma intensa che mi ha dato la possibilità di confrontarmi con una città dal respiro internazionale, ricca di culture e contaminazioni diverse. Sono stato catapultato, dopo la laurea in una residenza per artisti circondato da fotografi e scrittori. Ero l’unico designer, tanto da chiedermi, all’inizio, perché fossi lì. Quell’esperienza mi ha insegnato come la ricerca concettuale e personale che un fotografo o un artista fanno a monte del processo creativo sia necessaria anche nel design, soprattutto, in quello di prodotto. Poi, nel fine settimana, giravo, da solo, Parigi in bicicletta fotografando gli angoli nascosti e suggestivi della città. Questo osservare, catturare attraverso l’obiettivo e farmi ispirare da ciò che mi circonda uniti all’abitudine parigina di creare in solitudine sono entrati nel mio modo di fare design.

Una grande esperienza nel design di complementi di arredo per grandi brand. Uno fra tutti, FontanaArte. Cosa è possibile raccontare in un wallpaper rispetto ad un complemento di design?
Il mio lavoro è sempre stato in evoluzione. Ho sempre guardato all’aspetto decorativo come completamento del mio lavoro e il wallpaper è come una grande tela su cui dipingere con cui comunicare e stimolare emozioni. Rispetto ai complementi d’arredo, una carta da parati, pur condividendo lo spazio con altri oggetti, assume un ruolo predominante. In una stanza è la prima cosa che cattura lo sguardo e permette di dare personalità ad un ambiente. 


Intrecci, Zen e Paint, tre motivi diversi che sembrano molto distanti tra loro e richiamano ad un immaginario diverso. Pennellate materiche in Paint, rigorosità e minimalismo in intrecci e un porta dell’immaginario che si accenna ad un giardino oltre il confine della parete in Zen.
Quale l’unicum creativo?

L’elemento che accomuna le tre grafiche è una coerenza espressiva di fondo che si ritrova sia nell’utilizzo dei colori, mai troppo accesi, sia nella gestualità ponderata di linee pulite e precise. È come se nei tre pattern avessi toccato la scala di valori che caratterizzano il mio approccio alla progettazione. Paint si sposa con un concetto ed un tratto, bilanciato, equilibrato e ponderato nell’armonia di sovrapposizioni di pennellate, su un foglio di carta, di colori desaturati a creare volumi e sfumature di intensità diversa. Intrecci e Zen sono, invece, più razionali, più vicine al mio mondo di designer e danno un'immagine più concreta di un concetto: nella grafica Zen, che si rifà molto alla logica estetica della progettazione di interni, grandi porte come pareti giapponesi, si aprono su un paesaggio naturale appena accennato, che richiama alla calma, all’aria, alla libertà, mettendo un confine fra interno ed esterno. In Intrecci, invece, l’equilibrio dell’incontro di corde intrecciate, che si ispira alle sedute dei maestri impagliatori, è come se disegnasse una sorta di boiserie a parete, una via di mezzo fra artistico e razionale

Hai la possibilità di rivestire la parete di una stanza del tuo artista cult (arte, cinema, design, letteratura, musica, ecc)? Chi è l’artista e perché? quale stanza rivestiresti? Con quale carta?
Carlo Scarpa è un architetto del passato fra i mei preferiti. Farei idealmente dialogare Intrecci che ha una superficie neutra in cemento sulla quale si muovono linee orizzontali e verticali con una delle pareti di una stanza di Palazzo Querini Stampalia a Venezia che ha geometrie di inserti in ottone orizzontali con tagli di luce su una superficie neutra di pietra.
Se pensassi di inserire un mio complemento di design, penso alla collezione di lampade Shapes  che ho disegnato per la Galleria Nilufar una sorta di reticolato di linee di ottone con inserti di sfere di vetro bianche. Questi tre elementi parlano la stessa lingua.



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